"Quando tutti sono poveri, si è meno consapevoli della povertà, si pensa che la vita sia dura, ma quando si può mettere su un piatto della bilancia una situazione fragile e dolorosa e su un altro la solida tranquillità del vicino, si prova un sentimento di ingiustizia e di umiliazione. La miseria, la povertà, che è assenza di speranza e di stima da parte di altri con cui possono essere condivisi valori proiettati al futuro. La marginalità è non avere nessuno che ci stima e non stimarsi, ossia non avere stima di se. Povertà o miseria, cosa cambia. Sempre strada, comunque strada. Il rischio è non capire. È povertà o miseria? Non è la stessa cosa essere in povertà o essere in miseria." Miseria prende spunto dall'epopea della rivoluzione napoletana del 1647 capeggiata da Tommaso Aniello d’Amalfi, detto Masaniello. Lungi però dal raccontare una cronistoria, parliamo di suggestione più che di spettacolo storico. "Povero è chi non ha, ma potrebbe liberarsi dall'indigenza se messo nella condizione di farlo, se avesse gli strumenti per lottare. La povertà è una condizione dolorosa che fa ribellare colui che ne è afflitto. La protesta del povero è inizio di riscatto. Così inizia la sua liberazione. Il povero non stende la mano, non chiede la carità. Pretende giustizia. E se accetta aiuto, spera di poterlo ricambiare in tempi migliori. La miseria ha altra faccia, perfora il cuore e disarma la speranza. Può diventare perfino condizione di ricatto e di autocommiserazione, annulla la voglia di riscatto e indebolisce ogni azione di ripristino della giustizia e dell'equità." Le donne sono dei simboli, esempi di Partenope (cioè Napoli che è donna), che più che la rivoluzione raccontano una città che nel 1647 era già vecchia oltre 2000 anni, schiava di una storia troppo importante per essere ignorata, vittima di un popolo che è popolo per tradizione, troppo individualista per poter veramente creare qualcosa. Perché Napoli è una città stanca, è una donna anziana che ha perso troppi figli per avere ancora fiducia nel mondo, una cacofonia di feste, urla, profumi, esoterismo, che nasconde dietro una prorompente giovialità una profonda amarezza, figlia di un popolo sconfitto. Questo il concetto su cui si basa MISERIA, lo spettacolo scritto da Vincenzo Borrelli. In scena si muoveranno più di 40 tra attori e cantanti, saranno gli allievi dell’Accademia “Uno spazio per il teatro” che daranno vita alle anime di questa “suggestione storica in musica” che è Miseria.